sabato 4 giugno 2016

Alì, vinto, ma mai sconfitto

Non è stato il pugile più potente, né il più tecnico, ma Alì, per venti anni di carriera, è stato messaggero delle battaglie della gente di colore di un'America lacerata da profonde disuguaglianze ed ingiustizie sociali, andando ben oltre l'essere un pugile.
Protagonista del suo tempo come pochi altri, allo stesso livello di politici ed uomini di potere, Muhammad Alì ha interpretato e portato sul ring la voglia di riscatto dei neri americani.
Non prese parte alla guerra in Vietnam, motivandola con il fatto che "Nessun Viet Cong mi ha mai chiamato Negro".
Una scelta che gli impedirà di combattere per tre anni e mezzo, i migliori per un pugile, dai 25 ai 28.
Interprete, nella prima parte della carriera, di un pugilato innovativo per un Peso Massimo, in cui mobilità ed abilità difensiva erano alla base di uno stile in cui bellezza ed efficacia si fondevano in maniera "nobile" ed affascinante, Alì, al rientro, dopo la lunga assenza, modificherà il suo modo di combattere.
Dal 1970 in poi, Alì si difenderà usando molto le corde e proteggendosi con i guanti a difesa del viso, riducendo di molto la sua mobilità.
Ma sarà in questi anni che affronterà le battaglie più dure, quelle che, probabilmente, lasceranno un segno indelebile nella sua carriera, ma anche sulla sua salute.
Tre volte con Frazier, da cui verrà sconfitto per la prima volta in carriera, subito dopo il rientro e con il quale, nel terzo durissimo match, ebbe a dire: "E' stata la volta in cui mi sono sentito più vicino alla morte".
Poi Foreman, in una impresa di cui non lo accreditava nessuno.
Ma è da quel match che inizierà il lento declino del grande campione, il cui orgoglio lo ha portato troppo avanti nella carriera.
L'addio a quasi 40 anni, sconfitto da Berbick.
Poi la malattia, affrontata con coraggio, senza mai nasconderla, ma trasformandola in un altro strumento di battaglia.
Si staglia nel cuore di tutti l'immagine di Alì tremante che alza al cielo la torcia olimpica, alle Olimpiadi di Atlanta, nel 1996.
Una immagine drammatica, che trasuda Orgoglio, Fierezza e Forza
E' il messaggio che, in tutta la vita, ci ha lasciato un Uomo che è stato vinto, ma mai sconfitto.

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