Se può essere comprensibile, se non accettabile, che un fighter professionista o, comunque, di alto livello, si sottoponga ad un taglio del peso di un 20% (e non esagero, perché c'è gente che perde, in un mese, anche il 30%), benché tutto ciò sia strettamente connesso a rischi notevoli per la salute, è altrettanto incomprensibile come, giovanissimi atleti che si affaccino al combattimento, possano emulare certe abitudini, sottoponendosi, ancor prima di iniziare seriamente a competere o, poco dopo averlo fatto, il problema di come "tagliare" il peso, per accedere alla categoria inferiore.
Un professionista è chiamato a combattere, dopo un pesante taglio di peso, non prima di 3-4 mesi, se vorrà continuare a misurarsi nella stessa categoria. e non potrà farlo per più di 3-4 volte nel corso di un anno.
Un giovane atleta, immaginiamo di 19-20 anni, sottoponendosi al medesimo "iter", in quanti anni potrà costruirsi un record apprezzabile, in termini di esperienza sportiva?
Un fighter che inizi a calcare il ring o la gabbia a 20 anni, senza infortuni, cinque anni dopo si troverà all'attivo 14-15 incontri, presumibilmente la metà di quanti ne avrebbe potuti sostenere combattendo nel suo peso naturale, magari "accorciato di un 5%, in prossimità dell'appuntamento agonistico
Ovvero, essere 73,5 kg, per arrivare a 70 il giorno dell'incontro, raggiunto in maniera progressiva, nel corso di 2-3 settimane.
In Italia ci sono fighter attivi da 5-6 anni, con una media di 1-2 incontri combattuti all'anno.
I giovani, per costruirsi un "record" ed una esperienza, devono poter combattere con frequenza. Tagliare grosse quantità di peso, impedisce tutto ciò.
Meglio rimanere nel proprio ambito e destinare queste pratiche (spesso rischiose), a quando, da professionisti, si potrà combattere più raramente, per match solitamente più duri ed impegnativi.
Ma, prima di tutto, combattere. Il taglio verrà dopo.
Se questa pratica continuerà a diffondersi, anche tra i dilettanti, prima che un atleta abbia una "riconoscibilità", occorreranno anni.
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