© Articolo elaborato dall’autore, con modifiche, dal volume "Il Potenziale Umano" di Daniele Trevisani, Franco Angeli editore, Milano.
Chiedersi
qual è il proprio potenziale e quanto di esso abbiamo esplorato o
raggiunto non è una domanda banale. Nelle Arti Marziali il confine non
esiste. Non esiste limite al possibile apprendimento. È sufficiente
cambiare disciplina, e ogni nostra acquisizione svanisce. I colpi
cambiano. Le tecniche utili diventano inutili. Il valore del confronto e
del rispetto tra discipline è qualcosa di dimenticato, nella ricerca di
"chi sia meglio", una ricerca inutile. La vera ricerca è nel chi sia
migliore a far crescere un ragazzo o ragazza e farlo diventare uomo o
donna d’onore, forte nello spirito e nel corpo, capace di lottare per
una causa, sino all’ultimo respiro.
Non
tutti sanno o si chiedono perché insegnano o perché praticano. Porsi la
domanda è fondamentale.
Questo accade in
alcuni particolari momenti della vita in cui diventa importante per noi
realizzare qualcosa, migliorare, ed esprimerci.
Quando questo accade, un sentimento dentro di noi
cambia. Dalla realtà esterna iniziamo a spostare l’attenzione verso la
realtà interna.
Ci poniamo domande,
alcune di queste possono fare male, altre aprire nuovi orizzonti, ma non
importa, poiché esse ci mettono positivamente in discussione. Nessuna
domanda è inutile quando ragioniamo sul senso e sul significato di chi
siamo e cosa vogliamo, quando ci chiediamo se e come vorremmo costruire
qualcosa di cui essere fieri (una prestazione, o un contributo agli
altri o ad una causa), o semplicemente essere diversi o migliori.
Per molti l’esito di una maggiore attenzione
al potenziale personale è il desiderio di esplorarlo, o lasciare un
segno, iniziare progetti, potersi guardare alle spalle ed essere fieri
di come abbiamo vissuto, di quello che siamo e siamo stati, e dare un
messaggio positivo a chi ci seguirà nel viaggio della vita. Per altri
invece tutto rimane bloccato in una ruminazione mentale ininterrotta e
auto-distruttiva. Le energie bloccate corrodono e distruggono anziché
produrre e generare benessere, forza vitale, amore e passione.
La differenza tra i due risultati (crescita e
sviluppo vs. ruminazione mentale negativa) sta nell’avere un modello e
un supporto che aiuti a individuare meglio i traguardi, e i percorsi da
intraprendere per arrivarci.
Insuccessi,
cadute, blocchi, errori, fanno parte integrante di questo viaggio, ma
il loro accadere non ne sposta minimamente il valore.
Ciò che differenzia un uomo da un sasso è che lo "stare
compressi", sepolti, essere trasportati senza chiedersi dove, o rimanere
pressati e immobili, è accettabile per il secondo ma non per il primo.
L’uomo ha un bisogno intrinseco di "volare",
di esprimersi, di "ricercare", di dare senso alla propria vita, e
persino ad ogni propria singola giornata o azione.
La ricerca vera nelle arti marziali e di combattimento è
soprattutto una ricerca di senso e quando viene a confondersi con la
ricerca di risultati agonistici stiamo sbagliando tutto. le arti
marziali e di combattimento sono e devono essere soprattutto un mezzo di
espressione e di crescita.
Chi nega
questo bisogno di espressione e crescita applica uno dei meccanismi
psicologici più autodistruttivi che esistono, individuato in letteratura
come self-silencing: autosilenziarsi, uccidere le proprie
aspirazioni, mettere il tappo ai propri sogni e bisogni, smettere di
credere in qualcosa, pensare che tutto sia inutile, che non valga la
pena, che le difficoltà sono troppe, o il mondo in fin dei conti sia
sempre andato così.
Bugie. Bugie che ci
raccontiamo per non entrare (giusto per usare un altro termine tecnico)
in "dissonanza cognitiva", la condizione di disagio che incontriamo
quando ci rendiamo conto che qualcosa nella nostra vita non sta andando
come vorremmo, o che potremmo essere migliori o semplicemente diversi.
Coltivare il potenziale umano è invece un momento di liberazione.
Esistono implicazioni anche sul piano medico:
quando una persona è priva di energie mentali, o non ha più alcun valore
o ideale a sorreggerlo, o mancano le competenze per far fronte alla
vita, il corpo soffre e può arrivare ad ammalarsi¹.
Desiderare di progredire, porsi domande, "chi, cosa,
dove, con chi, perché", è un obiettivo o passaggio inevitabile per ogni
anima sensibile.
Dare impulso al viaggio
della vita ha sempre senso. Ne può avere sia che si desideri unicamente
una propria evoluzione personale, o che invece il percorso sia
finalizzato al percorso professionale e aziendale.
Entrambi i viaggi hanno spessore e valore. Ambedue sono
degni di attenzione e di supporto, perché una persona ferma e spenta non
è utile a nessuno, così come non è utile avere imprese e team incapaci e
demotivati.
I team più forti del
mondo, e i più grandi campioni di tutti i tempi in ogni disciplina, o i
più grandi pensatori della storia, sono tali perché continuano a porsi
domande e non sfuggire" il richiamo della natura", la pulsione
ancestrale che ci parla di evoluzione, che ci spinge a progredire, ad
essere migliori.
Senza un modello che ci
aiuti a trovare le direzioni di crescita, il nostro sforzo può
risultare nobile ma vano. Si corre, ci si affanna, si investono tempi ed
energie, ma spesso senza una buon mappa di orientamento. Il risultato è
un’enorme dispersione.
Un buon modello,
invece, aiuta a trovare più rapidamente la strada. Se un modello non
offre stimoli, indirizzi e orientamenti, risulta completamente inutile,
come orientarsi in una mappa sbagliata o capovolta.
Un modello del potenziale umano, inoltre, può essere
utilizzato in progetti concreti di business coaching, di consulenza, di
training aziendale, di coaching sportivo, ma anche nel counseling, nei
corsi di leadership, nella formazione.
Da
quando esiste, l’uomo si sforza di costruire mappe per orientarsi e non
perdersi. Abbiamo mappe degli strati più profondi della terra, dei
mari, del cosmo, ma – stranamente – non ci vengono fornite mappe
efficaci per orientarci nel nostro sviluppo personale o nei territori
inesplorati del potenziale umano. Accompagnare le persone in questo
viaggio è, per me, un onore. Lo farò, lo faremo assieme, fino all’ultimo
respiro.
¹ Una logica conseguenza che non possiamo
nascondere è che la medicina dovrebbe quindi occuparsi anche di questi
fenomeni, unendosi alla psicologia e ad altre scienze, in un unica
disciplina del funzionamento complessivo dell’essere umano.
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